ORRORE AD HONG KONG – L’omicidio di Hello Kitty

Quella che sto per raccontarvi è una storia raccapricciante. Un racconto di orrore, tortura e morte. Una vicenda segnata dalla depravazione più profonda e brutale che, sono certo, sarà in grado di turbarvi profondamente. Quello che sto per raccontarvi è il caso universalmente noto come L’omicidio di Hello Kitty.

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Questa storia ha inizio ad Hong Kong, nel 1999. Una ragazzina di 14 anni, dal nome sconosciuto a causa delle leggi che tutelano i minori di età, si recò di corsa dalla polizia. Era terrorizzata. Le sue mani tremavano e sudavano copiosamente. Il suo volto era contratto in una smorfia di terrore mentre raccontava agli agenti la sua bizzarra storia. La ragazzina era convinta di essere perseguitata dallo spettro di una donna. Non poteva più dormire, ne restare da sola al buio. Appena provava a chiudere gli occhi il terrificante fantasma si manifestava, perseguitandola giorno dopo giorno.

Naturalmente la polizia non volle credere a questo racconto. Gli agenti stavano per accompagnare la quattordicenne fuori dal dipartimento quando una delle frasi che pronunciò li congelò sul posto. “Sono perseguitata dallo spirito della donna che io ed il mio ragazzo abbiamo torturato ed ucciso”. Non era possibile ignorare una tale frase.

I poliziotti, seppur ancora scettici, si recarono nell’abitazione indicata dalla ragazza. Ciò che trovarono non fece altro che confermare i loro più oscuri presentimenti.

All’interno dell’abitazione erano evidenti i segni di un recente massacro. Qualcosa di orripilante era accaduto da poco.

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I resti smembrati e bolliti di una ragazza vennero ritrovati in giro per l’appartamento. Visceri all’intero di sacchetti di plastica, sangue nella vasca da bagno. Il ritrovamento più emblematico e disturbante di tutti fu’ un teschio umano cucito all’intero di un grande pupazzo di Hello Kitty versione Sirena.

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Di fronte agli occhi della polizia andava configurandosi uno dei delitti più brutali e depravati mai commessi
ad Hong Kong. Insieme alla quattordicenne vennero fermati il suo fidanzato ed altri due uomini, tutti membri della criminalità del luogo. Il loro racconto riguardo al macabro ritrovamento ed all’omicidio ad esso collegato è agghiacciante.

Fan Man-Yee era una bella ragazza di 23 anni.

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La sua vita era sempre stata abbastanza difficile. Era nata e cresciuta in un ambiente colpito dalla criminalità, dove
era necessario vivere di espedienti per sopravvivere. Lavorava come hostess in un night club della zona. Il suo lavoro consisteva nell’accogliere i clienti all’interno del locale, intrattenerli, offrire loro dei drink e metterli a proprio agio. Spesso era anche costretta a prostituirsi per poter tirare avanti. La ragazza era dipendente dalle droghe, in particolare dall’ Ice, un tipo di metanfetamina molto in voga in Asia. Fu proprio questa dipendenza a portarla a conoscere Chan Man-lok, un delinquente locale membro della criminalità organizzata.

- Chan Man-lok

Chan divenne un cliente regolare della ragazza ed arrivò a passare moltissimo tempo con lei.  La loro pseudo-relazione durò circa un anno. Fin che un giorno Fan commise lo sbaglio più grande della sua vita, uno sbaglio che le sarebbe costato molto caro. La ragazza rubò il portafoglio di Chan e tentò di far perdere le sue tracce. La vendetta dell’uomo fu’ tremenda.

Il 17 marzo del 1999 Chan ordino’ ai suoi complici Leung Shing-cho e Leung Wai-lun di sequestrare la ragazza. Il piano era quello di farla prostituire fino a che non fosse riuscita ad estinguere il suo debito. Ma i tre delinquenti erano quasi sempre fatti di Ice e non riuscirono a contenere la loro violenza su Fan. Una prostituta sfigurata e ricoperta di lividi non poteva attirare molti clienti. I tre, in uno scatto di incredibile brutalità, si resero conto che sarebbe stato molto più divertente torturarla. Fan Mann-Yee venne rinchiusa all’interno di un appartamento e venne torturata ogni giorno per un mese intero. Il suo supplizio fu orribile.

I delinquenti sfogavano la loro ira sulla ragazza perquotendola con estrema violenza. Il su fragile corpo veniva sbattuto contro le pareti del’abitazione con terribile forza. Spranghe di ferro e tubi erano utilizzati per colpirla al volta e sulla schiena. La perversione dei suoi aguzzini non conobbe limiti. La donna veniva costretta a sorridere ad ogni percossa ricevuta, veniva costretta a ringraziare i suoi carnefici per i colpi subiti. Se si rifiutava veniva colpita con ancor più violenza. I suoi aguzzini arrivarono persino ad avvolgerla nella plastica per poi scioglierlgliela sulla pelle con un ferro rovente. Entro breve tempo il corpo della ragazza venne ricoperto da ustioni orribili e ferite purulente. I 3 carnefici si divertivano a ricoprire le ferite della donna con diversi almenti e salse piccanti, nel tentavo di stabilire quale di queste facesse più male. Un giorno Fan venne sorpresa a rubare del cibo dalla cucina dell’appartamento. Per punizione i suoi torturatori presero del grasso misto ad olio, lo riscaldarono nel microonde fino fargli raggiungere una temperatura elevatissima e la costrinsero a berlo.

La giovane veniva torturata brutalmente ogni giorno, fino a che i suoi aguzzini non avevano smaltito la dose giornaliera di metanfetamina e la ragazza era ridotta ad un pezzo di carne insanguinato e privo di ogni emozione. Le torture che subiva erano molto varie ed andavano dalle ustioni all’obbligo di ingerire urina ed escrementi. Anche la fidanzata quattordicenne di uno dei tre prese parte alle torture, la stessa ragazzina che poi correrà dalla polizia perchè convinta di essere perseguitata dal fantasma di Fan. Finalmente, dopo un mese intero di inferno, Fan Man-Yee morì all’interno del bagno in cui da qualche giorno era segregata. I suoi carnefici non ebbero pietà di lei neanche dopo la morte. Fecero a pezzi il corpo della ragazza all’interno della vasca da bagno. Le tagliarono la testa e la bollirono in una pentola. Presero quel che e restava e lo nascosero all’interno di una bambola di Hello Kitty.

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I tre aguzzini vennero condannati all’ergastolo con l’accusa di rapimento ed omicidio. La quattordicenne che andò dalla polizia invece, a causa della sue giovane età e della sua testimonianza volontaria, venne considerata collaboratrice di giustizia ed evitò così l’incarceramento.

Questo orribile delitto ebbe da subito un’enorme risonanza mediatica e venne conosciuto in tutto il mondo grazie all’articolo di Tom Hilditch intitolato “The Hello Kitty Murder”.