Serial killer: Cayetano Santos Godino

Cayetano Godino Santos è un celebre assassino argentino, il primo caso registrato in Argentina. Le sue gesta assassine venivano compiute nell’area di Buenos Aires: ha assassinato 4 bambini e ha cercato di fare altrettanto con altri 7.

Il tutto nel periodo di 8 anni, tra il 1904 e il 1912, in un età compresa tra gli 8 e i 16 anni.

Come tutti i serial killer ha avuto un’infanzia drammatica: percosse e violenza, famiglia povera e disfunzionale, lesioni alla testa, sevizie sugli animali e piromania. Tutti questi episodi hanno contribuito per le sue imprese assassine.

Cayetano venne alla luce il 31 ottobre 1896 a Buenos Aires in Argentina, figlio di immigrati italiani originari della Calabria; ha 7 fratelli e sorelle. I suoi genitori emigrarono in Argentina, nel 1888, dopo la morte del loro primogenito, venuto a mancare a 10 mesi per un problema cardiaco.

Fiore Godino, il padre, contrasse la sifilide prima della nascita di Cayetano, e fu probabilmente la causa dei numerosi problemi mentali e fisici del ragazzo: esile e basso di statura, orecchie a sventola, braccia lunghe e sproporzionate al resto del corpo e un quoziente intellettivo molto basso.

Già dall’infanzia rischiò la morte a causa dell’enterite, dovuta alle pessime condizioni igieniche in cui il bambino viveva.

Costantemente subiva violenze da parte del padre e dai fratelli maggiori; era sempre sottoposto a traumi cranici.

Il padre beveva spesso e i modi erano spesso aggressivi; non era alquanto strano che usasse violenza nei confronti della prole.

Cayetano era il suo bersaglio preferito, poiché sin dall’infanzia era un bambino indisciplinato, che non stava mai fermo.

Diverso tempo dopo, quando fu portato dai medici, conteggiarono 27 cicatrici sulla testa.

Tra i 5 e i 10 anni andò in diverse scuole, il quale venne sempre cacciato per via dei modi asociali.

Non imparò mai a leggere né a scrivere, fino all’età adulta.

Il suo hobby preferito era quello di vagabondare per le vie di Buenos Aires, preferendo quelle di periferie. Spesso e volentieri veniva ignorato dagli adulti per via del suo aspetto deforme, quindi era libero di girare per la città indisturbato.

Il 28 settembre 1904, all’età di 7 anni, venne sorpreso da un poliziotto mentre stava percuotendo un bimbo di 2 anni, Miguel De Paoli, in un’area abbandonata. Tutti e due vennero portati alla stazione di polizia e restituiti alle legittime famiglie, tutto ciò venne valutato come un battibecco tra bambini.

Nel 1905 portò Ana Neri, una vicina di casa di appena 18 mesi, in un luogo disabitato e iniziò a colpirla con una pietra. Fermato tempestivamente da un poliziotto, venne arrestato e messo in prigione; la sera stessa venne rilasciato per la sua giovane età.

Battibecco? Disaccordi e burle tra bambini normali e lo scemo del villaggio? Cayetano aveva portato volutamente portato Miguel e Ana in un luogo solitario per poter fare loro ciò che desiderava.

Cosa bramava di fare con loro? Come era riuscito a portarli lì?

Nonostante l’età e la poca intelligenza il suo modus operandi era tanto semplice quanto efficace. Grazie al suo aspetto buffo riusciva ad avvicinare i bambini più piccoli, guadagnando in primis la fiducia; poi li allontanava dal gruppo degli amichetti e si faceva seguire promettendo caramelle e dolciumi vari, portandoli in luoghi isolati.

Si può solo ipotizzare su come voleva giocare con loro, ed è un’ipotesi terrificante: voleva torturarli, così come torturava altri esseri viventi.

Aveva un passatempo alquanto strano e perverso: la tortura degli animali domestici ( la triade di MacDonald dice, appunto, che è uno dei primi segnali premonitori). Cayetano rapisce, gioca, sevizia uccelli e gatti, per poi ucciderli quando si stanca di loro.

Miguel e Ana, le prime due probabili vittime, messe in salvo dal tempestivo intervento delle autorità. Era utopistico pensare che si fosse trovato un poliziotto nelle vicinanze, ogni qual volta che Cayetano avesse voluto uccidere i bambini.

Il 22 marzo 1906 portò in un luogo abbandonato una bambina di circa due anni, Mary Rock Phase.

Giunti sul luogo totalmente soli, tentò dapprima di soffocarla e, dopo averla indotta ad uno stato di incoscienza, la sotterrata viva in una buco, coprendo il luogo con dei contenitori di latta.

Mary non fu più ritrovata. Le ricerche dei genitori durarono diverso tempo, non riuscendo a trovarla ritornarono in Italia (erano immigrati pure loro) lasciandosi alle spalle un dolore immenso.

Qualche anno dopo Cayetano confessò l’omicidio, e indicò il luogo della sepoltura della bambina; i detective scoprirono che in quell’area furono costruiti degli edifici: viste le circostanze, il motivo principale era l’espatrio dei genitori, non valeva la pena far demolire le costruzioni per cercare i resti della bambina.

Nel aprile del 1906 il padre fece una scoperta terrificante: ai piedi del letto del figlio c’era una scatola con all’interno dei canarini domestici, spariti qualche giorno prima, ormai privi di vita e privati degli occhi.

Il padre, basito, non riuscendo ad educare il figlio asociale e feroce, lo consegnò alle autorità perché se ne occupassero.

Portò il figlio in centrale denunciando, a ragione, che il bambino aggrediva tutti coloro che lo circondavano, usando anche parole ingiuriose.

Le autorità presero in carico il ragazzino e lo portarono in un centro di riabilitazione per ragazzini difficili; ci restò per due mesi.

Al ritorno dal centro non era cambiato, ma aveva un nuovo passatempo: la masturbazione.

Probabilmente l’aveva visto fare dai compagni più grandi o lo scoprì da solo; da giugno 1906 si masturbò in continuazione, immaginando il male che avrebbe potuto infliggere alle sue vittime.

Il 9 settembre 1908 vide un bimbo di due anni, Severino Gonzales, mentre giocava in solitudine, senza la supervisione di un adulto. Lo persuase a farsi seguire promettendogli alcune caramelle e lo accompagnò in un deposito che sorgeva davanti alla scuola del Sacro cuore.

Arrivati a destinazione tentò di affogarlo in un abbeveratoio per cavalli.

Il padrone dell’edificio accorse sentendo dei rumori e vide i due ragazzini zuppi. Cayetano non batté ciglio e nonostante il suo quoziente intellettivo si inventò una storia verosimile: raccontò di una donna vestita di abiti scuri che stava maltrattando il bambino e decise di soccorrerlo, facendo scappare la donna. Zacanas e le autorità credettero alle sue parole, dopo tutto “lo scemo del villaggio” come avrebbe potuto alterare la verità su una cosa del genere o essere una minaccia?

Il 15 settembre 1908 fece un altro gesto di enorme crudeltà. Adescò un altro ragazzino, sempre in un luogo isolato e cercò di bruciargli le palpebre con una cicca; il bambino incominciò ad agitarsi e Cayetano si dileguò prima che potesse essere visto.

Il 6 dicembre 1908 i genitori ormai stufi di questi comportamenti (violento, ribelle e la masturbazione continua), decisero che era ora che qualcuno gli impartisse un’educazione.

Lo steso giorno lo portarono per la seconda volta in polizia, denunciandolo per reati minori.

Cayetano venne mandato in una colonia penale minorile (Marcos Paz). Ci rimase per tre anni; anni d’inferno, dove regnava violenza di qualsiasi genere e forma.

In questi anni tentò di scappare, ma invano.

I genitori speravano che il figlio uscisse educato, tranquillo o almeno una persona nuova.

Nel dicembre 1911 i genitori presero la decisione di riportarlo a casa e fecero la domanda di scarcerazione. Il 23 dicembre il ragazzo era già a casa, in tempo di festeggiare il natale in famiglia.

Due mesi prima aveva compiuto 15 anni e suo padre gli trovò impiego: il lavoro nobilita l’uomo e lo avrebbe introdotto nella società; almeno, erano queste le intenzioni del padre.

Il lavoro lo conservò per due mesi, poi venne licenziato e quindi si ritrovò a vagabondare nuovamente per le strade della città, che nel frattempo si era ampliata, fino ad arrivare a incorporare zone che un tempo erano destinate all’agricoltura.

Il ragazzo ormai disoccupato si teneva comunque occupato, con due nuovi passatempi imparati durante la detenzione: bere e appiccare incendi.

Non era ben chiaro il motivo del perché bevesse, se era per piacere o per placare i forti mal di testa che lo stavano affliggendo; sta di fatto che ogni qual volta che non beveva aumentava la sua voglia di violenza e morte.

La piromania era un diversivo con cui passare il tempo quando non riusciva a mettere le mani su nessuna vittima.

Il 17 gennaio 1912 appiccò un fuoco a un deposito sulla via Currientes. Tempo dopo confessò: “mi piace vedere i pompieri all’opera. È bello vedere quando cadono nelle fiamme”.

Il suo hobby preferito rimase sempre l’omicidio.

Il 26 gennaio 1912 Arturo Laurona, tredicenne, venne rinvenuto morto in una casa abbandonata.

Picchiato a sangue, percosso, mezzo nudo e con un laccio in torno al collo.

La polizia indagò sul fatto, ma non ottenne nessun indizio su cui lavorare e nessuno venne mai incolpato per questa morte.

Ma l’anno caldo per Cayetano era solo agli inizi.

Il 7 marzo 1912 Cayetano diede fuoco all’abito della piccola Reyna Vainicoff, di 5 anni.

La bambina stava ammirando la vetrina di un negozio di scarpe quando incominciò a strillare dal dolore: qualcuno appiccò un fuoco al suo bel abitino.

Il nonno, allarmato dalle grida, si precipitò dalla nipote per prestarle soccorso, ma venne investito da un’auto, morendo all’istante.

Un poliziotto nelle vicinanze arrivò sul posto: spinse la bambina a terra e spense le fiamme col proprio corpo.

Tutto ciò sotto lo sguardo di Cayetano, li presente mescolato tra la folla di curiosi. Nessuno notò il gesto compiuto dal ragazzo.

Reyena venne portata in ospedale, vi morì dopo 16 giorni per le ustioni riportate.

Il 24 settembre 1912 mentre stava lavorando da Paulino Gomez, ammazzò un cavallo con tre coltellate. Non venne arrestato per mancanza di prove.

Qualche giorno prima appiccò un fuoco a un deposito tram, causando pochi danni.

L’8 dicembre 1912 tentò di assassinare Roberto Russo, di due anni. Lo condusse in un magazzino grazie al solito modus operandi e una volta arrivati gli bloccò le gambe con una fune, poi tentò di strangolarlo.

Venne visto da un operaio e lo fermò, avvisando le autorità. Cayetano venne accusato di tentato omicidio, ma fu liberato in attesa di processo.

E non perse di certo tempo.

Il 16 novembre 1912 ferì con un sasso Carmen Ghittoni, 3 anni, causandole danni lievi e scappò alla vista di un poliziotto.

Il 20 novembre 1912 sequestrò Catalina Neulener, 5 anni. Tentò di condurla in un magazzino isolato, ma l bambina iniziò a gridare attirando l’attenzione di un vicino. Cayetano scappò appena vide il vicino.

Dato che non riuscì nell’intento di uccidere per ben due volte, si sfogò dando fuoco a un capanno degli attrezzi, mandandoli in fumo.

Ormai era quasi arrivato al capolinea.

Il 3 dicembre incontrò Jesualdo Giordano mentre giocava sulla porta di casa: lo convinse a farsi seguire in una fattoria vicina dopo avergli comprato delle caramelle. Dopo averlo fatto sdraiare per terra, provò a strangolarlo con la corda che usava come cintura per i pantaloni. Il bambino fece resistenza quindi Cayetano tagliò due pezzi della corda con un fiammifero acceso e li usò per legare mani e piedi del bambino. Poco dopo cominciò a picchiarlo, ma presto gli venne l’idea di piantargli un chiodo nel cranio. Uscendo dalla fattoria per cercarlo, incontrò il padre del bambino che gli chiese se avesse visto il figlio. Cayetano rispose negativamente e, dopo aver trovato il chiodo, rientrò nella fattoria, lasciando il padre speranzoso di rivedere il figlio vivo. Non trovando un martello, iniziò a colpire il chiodo con una pietra, coprì il corpo con uno straccio e uscì dalla fattoria. Il cadavere fu trovato pochi minuti dopo dal padre della vittima, tornato a controllare nella fattoria. Alle otto di sera Cayetano si trovò alla veglia funebre di Jesualdo e, avvicinandosi alla bara, gli toccò la testa per controllare l’effetto del chiodo ma non trovandolo chiese che fine avesse fatto: in tal modo si fece scoprire dalla polizia che lo catturò[2][4]. Alle 5 del mattino circa del 4 dicembre confessò ogni suo delitto agli inquirenti.

Il 4 gennaio 1913 entrò in un manicomio criminale dove subito tentò di uccidere alcuni detenuti. I medici lo considerarono un alienato e il giudice Oro lo giudicò incapace di intendere e di volere, condannandolo alla permanenza nel centro.

La pena fu confermata in seconda istanza ma il 12 novembre del 1915 la Corte d’Appello lo condannò all’ergastolo in carcere non essendo totalmente incapace come stabiliva l’art.18 del Codice Penale.

Anche la Corte sostenne il miglioramento di Cayetano dopo i trattamenti in manicomio quindi il 20 novembre fu trasferito al Penitenziario di stato.

Il 28 marzo del 1923 Godino venne trasferito al penitenziario di Ushuaia.

All’inizio del 1933 fu trasferito per un periodo nell’infermeria del penitenziario dopo le percosse ricevute da alcuni detenuti a cui aveva ucciso un gatto da loro adottato.

A partire dal 1935 rimase costantemente ammalato fino alla morte, avvenuta il 15 novembre del 1944 in condizioni poco chiare a 48 anni dopo 32 di carcere

16 Risposte a “Serial killer: Cayetano Santos Godino”

  1. Un libro crudo. Francamente non è il mio genere soprattutto in estate quando voglio evadere con la mente. Ma conosco chi è appassionato del genere ; ) Gli inoltro il post.

  2. Un personaggio che non conoscevo e che non ho mai approfondito
    Grazie per il tuo approfondimento

  3. Le storie vere dei Serial Killer mi hanno sempre affascinato e non perchè le trovo belle, ma perchè permettono di indagare più a fondo sulla perversità della mente umana e spero un giorno trovare la chiave psichiatrica di ciò… è triste pensare di quanta malvagità un uomo può essere pregno.

  4. Ho letto tutto d’un fiato questa terribile biografia, affascinata come sono da sempre dai risvolti psicologici che hanno le esperienze infantili sulla nostra crescita ed età adulta.

  5. Sulla sua terribile storia storia é uscito anche un film nel 2007 El niño de barro. Se non l’hai visto te lo consiglio perché é estremamente fedele ai fatti.

  6. Terrificante è la descrizione che ne darei. Eppure, come spesso mi accade, faccio fatica a staccare gli occhi da ciò che sto leggendo quando scopro storie vere di serial killer. Credo che la nostra infanzia sia la base per comprendere le persone che siamo o diventeremo, nel suo caso, purtroppo, il male si era già insinuato dentro di lui.

  7. Uno dei miei argomenti preferiti i serial killer, Jack è il mio preferito, avvolto nel mistero ancora oggi per molti chi fosse lo squartatore è un mistero, non credo che per loro esista una sorta di riabilitazione, visto che è nella loro natura uccidere, penso che siano tutti (tranne questo), dotati di intelletto superiore, pragmatici, a volte penso che se avessero usato le loro capacità per fare del bene anzichè del male, non avremo folle adoranti per gli Avenger ma avremo dei veri e propri eroi e benefattori, alcuni grazie al loro cervello avrebbero davvero potuto fare la differenza nel mondo, non abbiamo una macchina del tempo e non potremo mai sapere, cosa sarebbe successo se Manson avesse coronato il suo sogno di divenire un musicista di successo, mi piace pensare che a volte anche le circistanze e gli eventi disastrosi possono contribuire a devastare una persona, ma cosa scatti a tal punto da desiderare la morte di qualcuno, questo devo ancora scoprirlo…Una cosa però la so, se fossi stata insieme a quei detenuti e avrei visto il mio gatto morto, avrei fatto esattamene quello che hanno fatto gli altri carcerati, non c’è essere più vile di chi se la prende con gli animali, bellissima storia, finalmente un blog diverso.

  8. Una storia triste ma che fa riflettere. Spesso il nostro agire da adulto è il riflesso di ciò che abbiamo vissuto da piccoli. Una storia che leggerei però

  9. Sono sempre molto affascinata dalle vite dei serial killer, ma soprattutto dal capire cosa li porta ad agire in un determinato modo. Perché scelgono un determinato tipo di vittime ecc.
    La cosa che mi lascia basita da tutta la storia di Cayetano è: dov’erano i genitori delle vittime in tutto questo? Capisco che lui potesse essere visto come lo scemo del villaggio, ma i genitori dei bimbi di due anni o meno, dov’erano? Perché lasciavano i figli incustoditi? Una cosa di cui non mi capacito…

  10. Un terribile personaggio con una vita piena di violenza e orrore e sinceramente non sono riuscita a terminare a leggere mi ha fatto male leggere tutta questa violenza sui bambini…

  11. Uno dei serial killer più interessanti, tra l’altro non è il primo che conosco con tale approccio su vittime come i bambini.

  12. ho letto con molto interesse il uo articolo, ho trovato una somiglianza con un serial killer russo….. cmq alla base di tutto, purtroppo, c’è la violenza disica e psicologica che queste persone subiscono in famiglia già dalla nascita……

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